Questa è una storia speciale. Parla di una farfalla colorata che nei momenti più importanti della nostra vita viene a farci visita.
Sulle sue ali, dallo sfondo scuro e profondo che pare velluto, risaltano alcune striature di un arancio intenso e dai contorni irregolari, tendenti al rosso corallo. Sulle estremità più alte, delle piccole macchioline bianche le danno un tocco di luce, tale da riconoscerla all’istante. La particolarità del suo disegno sta nelle punte azzurre sulla parte inferiore delle sue ali.
<<E beh?>> Penseranno i più. E beh, tra tanti esemplari di farfalla, bianche, nere, azzurre…perchè, puntualmente, che sia la mattina del matrimonio di una di noi, o il giorno dell’esame, o in un pomeriggio qualunque di un periodo triste e difficile, viene a trovarci proprio lei? Ma lei chi? Perchè le siamo così legate?
Forse è solo un’illusione, una di quelle storie che ci raccontiamo quando non sappiamo a cos’altro aggrapparci. Eppure io ci credo. Ci credo ad una vita oltre la morte. A qualcosa di troppo prezioso che non può finire da un momento all’altro. Si trasforma in un fiore, in un profumo, in un piccolo segno con cui ci diamo appuntamento in quella dimensione irrazionale e surreale che fa parte di ognuno di noi. È la forza del ricordo che sopravvive alle nostre orme sulla terra, mentre l’anima continua a esistere diventando eterna. E anzichè vedere, toccare e sentire occhi, mani e voci, ne percepiamo l’essenza dello spirito e il profondo amore che ci lega. Dev’essere questo il senso della nostra esistenza.
Successe in un attimo, quella notte, e le sue risate smisero di risuonarci nelle orecchie per sempre. Non potevamo crederci che da quel momento la nostra farfalla non avrebbe più ricoperto il ruolo della ‘più pazza del gruppo’. Perchè lei era così, frizzante e infinita. Infinitamente affamata della vita. Alla continua ricerca della felicità. A caccia di divertimento e spensieratezza. Insostituibile la sua freschezza, la sua leggerezza.
Ma ci sbagliavamo se pensavamo che non avrebbe più fatto parte di noi. Avrebbe continuato ad esserci nonostante avesse cambiato forma ed essenza. Non lo sapevamo, ma in realtà, da quel momento in poi, ce la saremmo ritrovata in ogni luogo e in qualsiasi momento, svolazzante intorno a noi. L’avremmo riconosciuta perchè posandosi sul palmo della mano ci avrebbe, ogni volta, rassicurate e protette.
E così è successo anche l’altra mattina, quando, nel bel mezzo di una quarantena senza fine, mi sono rallegrata di una cosa che in un altro contesto potrebbe sembrare banale e non molto importante. Ho scoperto la via di uscita in fondo al tunnel del mio appartamento senza balcone: la terrazza condominiale. Quando le chiavi, che non sapevo di avere, aprirono finalmente quella porta che dava sul terrazzo, ho provato una gioia immensa. Finalmente la luce.
Quella boccata d’aria aperta mi avrebbe regalato un po’ di sana vitamina D e una dozzina di respiri profondi. Oltre ad una vista incredibile, essendo circondata, da un lato, dai monti del Gargano e dall’altro da quelli dell’appennino Dauno.
Così, mentre mi aggiravo ancora incredula ed entusiasta sul mio nuovo tetto sul mondo, venne a trovarmi lei. Puntuale come tutte le altre volte. Profetica e attesa. Come quando stai aspettando una buona notizia o hai bisogno di essere rassicurata. E così è stato. È bastato un battito d’ali e quel tocco leggero sulla mia mano per trasmettermi quel messaggio di speranza di cui avevo tanto bisogno.
Ecco. Adesso lo so, che andrà tutto bene, davvero.