Erano anni che aspettavo questo momento. Che immaginavo come sarebbe stato il mio viaggio di ritorno a casa. Ebbene sì, è stato un vero e proprio viaggio. Non solo fisico, ma anche spirituale…se ripenso a tutto quello che mi sono lasciata alle spalle.
Avevo solo 19 anni quando partii per la prima volta dal mio adorato Salento per raggiungere la tanto ambita Capitale. Era il lontano 2009 quando avrei inconsapevolmente mosso il primo passo verso un viaggio senza ritorno. Perchè si sa, quando parti per l’università dai un primo taglio con il tuo passato, con la tua spensierata adolescenza custodita dal calore domestico e dalle rassicuranti “braccia” di mamma e papà.
E ogni volta che vi farai ritorno noterai piccoli cambiamenti, non solo perchè pian piano la tua cameretta diventa un piccolo ripostiglio e inizia a perdere pezzi di cui si appropriano i fratelli minori. Ti rendi conto che quei cambiamenti avvengono dentro di te, che non sei più quella ragazzina di paese, ma diventi a poco a poco una ragazza di città…come si suol dire…una piccola donna di mondo.
I ricordi adesso risultano sbiaditi, un po’ come le foto di allora (non esistevano ancora fotocamere smartphone con 15 mila mega pixel come oggi!). A stento mi riconosco in quella matricola trapiantata dal piccolo comune neretino nella grande metropoli romana. In quegli occhi leggo tutta la voglia di scoprire i confini del mondo che mi contraddistingueva. Ero convinta che non avrei mai fatto ritorno alle mie origini.
Tutta quella energia era comprensibile a vent’anni, così come lo era il credere di aver bisogno di “evadere” dalla piccola realtà di provincia in cerca di un nuovo posto nel mondo, possibilmente meno circoscritto e connesso con ogni dove. E poi? Cos’è successo? Cos’è cambiato? Come sono arrivata a questo punto?
E poi…la vita. La vita ti cambia, senza accorgertene. Un attimo prima ti senti forte e coraggiosa, un attimo dopo (10 anni circa) inizi a pensare: <<mi manca la mia famiglia, ma io davvero voglio crescere i miei figli lontano dal mare?>>. Oppure: <<mi manca la vita tranquilla del mio paese, dove conosci tutti e non ti senti mai sola>>.
Roma mi ha dato tanto. Più di quanto avrei immaginato, più di quanto voglia ammettere. Mi ha vista crescere e passare dall’essere una ragazzina acerba e insicura al diventare una donna con le idee chiare e lungimiranti. Sarà sempre la mia seconda casa, ciò che ha fatto da sfondo ai momenti e ai traguardi più incredibili della mia vita. Probabilmente la sua missione era questa: farmi scoprire un pezzo di mondo per poi capire che non è lì il mio posto.
Senza pensarci ho inscatolato sette anni della mia vita e me ne sono andata. Per finire dove? Lì dove non avrei mai pensato di capitare, dove probabilmente non sarei passata nemmeno per sbaglio, ma dove, nonostante l’iniziale sconcerto, ho trascorso quattro anni bellissimi: a Foggia.
Che brutta cosa i pregiudizi. Ho creduto che si trattasse di una di quelle volte in cui ti senti travolta dalla sfiga: <<ma come, te ne vai da Roma per andare a Foggia??>>.
E già, la vita mi ha teso un tranello, eppure, col senno di poi, comincio a credere che ciò che ci accade avviene per un motivo. E che dovremmo fidarci un po’ di più del nostro destino.
Foggia è stata il nostro nuovo inizio, dopo un lungo periodo fatto di cambiamenti e scelte sbagliate. È stata il treno che ci ha riportati sullo stesso binario e ci ha fatto riprendere a viaggiare insieme. Per questo le saremo sempre grati. Dimenticavo…il “tranello” aveva un nome e un cognome!
Quante albe e quanti tramonti abbiamo mirato da quella finestra del nono piano. Quante piogge e quanti arcobaleni, a quante lune piene abbiamo affidato i nostri pensieri notturni. Ormai ci avevo fatto l’abitudine ad affacciarmi dalla finestra e vedere il sole sparire dietro i monti Dauni.
Abbiamo visto i nostri sogni diventare piano piano sempre più grandi. E in attesa di vederli realizzati, ci siamo goduti la bellezza di quel che avevamo intorno, consapevoli che quel pezzo di paradiso che ci ha accolti all’improvviso era stato un piacevole scherzo del destino. E che una volta tornati definitivamente nel nostro Salento ci sarebbe mancato.
Ed è stato proprio così, tra un countdown e l’altro ci rendevamo conto di quanto in fondo fossimo felici anche in quel di Foggia, di cui abbiamo vissuto ogni suo angolino più nascosto e apprezzato ogni suo centimetro di terra.
Ma i nostri progetti erano scritti nella pietra e nessun cambio di programma o nuovo scherzo del destino avrebbe potuto farci cambiare idea. Avevamo stretto un patto con la nostra terra e così, “allo scoccare della mezzanotte” abbiamo preso baracche e burattini e abbiamo tenuto fede alla nostra promessa.
D’ora in poi non ci sarebbero più state domeniche col magone della partenza, non avremmo più avuto i giorni contati per incastrare tutto e tutti in un weekend. Non avremmo più dovuto rimandare, aspettare, immaginare come sarebbe stato condividere un caffè con l’amico di sempre anche in un giorno qualunque.
Ammetto di aver avuto, inizialmente, un pizzico di nostalgia. In fondo tutti i luoghi in cui avevo vissuto sono diventati luoghi del cuore. E poi, anche se non vedevo l’ora, tornare “definitivamente” a casa un po’ spaventa. Perchè non ci sei più abituato, ormai hai i tuoi ritmi e abitudini e vivere in un posto dove nessuno ti conosce ha anche i suoi vantaggi!
Poi mi sono chiesta se fosse davvero arrivato il momento di rientrare o se avrei potuto girovagare ancora un po’. Ma la risposta dell’oracolo non esiste e forse non ha neanche senso porsi troppe domande, perchè ci sono scelte che vanno prese “con la pancia” e tornare a casa era una di quelle.
Adesso che è trascorso il primo mese di rodaggio, posso dire che è come mi aspettavo, anzi no, molto meglio. Che anche se il tempo in cui ho vissuto fuori è stato lungo, in fondo non è cambiato granchè. Gli odori, i sapori e i colori che mi hanno sempre ricordato casa sono ancora gli stessi. E poi c’è quella sottile e profonda sensazione in fondo al cuore che mi sussurra: <<sì…è questa casa mia>>.
Il viaggio perfetto è circolare: la gioia della partenza, la gioia del ritorno.
Dino Basili